Zanovellosauro: un fossile vivente ancora attuale?

Lo Zanovellosaurus pallamanensis è un rebus evoluzionistico. Si tratta di una specie arcaica, dotata al tempo stesso di adattamenti apparentemente all’avanguardia.

I campionati di Serie A Maschile 1980-81 e 1981-82, entrambi vinti dalla gloriosa Cividin Trieste, corrispondono grosso modo al Giurassico della pallamano italiana.
A quei tempi si aggirava per i campi “40 x 20” un baldo giovane di nome Renato Zanovello, oggi ribattezzato dai paleontologi Zanovellosauro. Nelle passate ere geologiche lo Zanovellosaurus pallamanensis (questo il suo nome scientifico secondo la nomenclatura binomiale) ha tentato dalla panchina delle Acciaierie Tacca Cassano Magnago di contrastare l’egemonia della corazzata giuliana.
C’è quasi riuscito, ma per lui e la sua squadra sono arrivati solo due secondi posti consecutivi, seguiti da una repentina estinzione. Sul perché della scomparsa pallamanistica dello Zanovellosauro esistono svariate teorie. Dal meteorite, all’avvento di forme animali più moderne, ma forse l’ipotesi corretta è questa: “C’era da seguire l’università e quindi, dopo quelle due esperienze da allenatore, ho preferito fare altro”.
A parlare è lui stesso perché lo Zanovellosauro si è estinto solo sul piano agonistico, ma esiste tuttora e ultimamente i ricercatori hanno cominciato a studiarlo.
Si tratta, infatti, di una specie che non ha mai smesso di seguire la pallamano, e quindi di aggiornarsi, tanto che oggi alcuni scienziati lo considerano uno dei fossili viventi più moderni.
Siamo di fronte a una sorta di rebus evoluzionistico.
Proviamo a capire il perché dalle sue parole.
“La pallamano italiana deve crearsi una propria strada, non può continuare a percorrere sentieri già tracciati. Ci manca una nostra scuola. Seguiamo un po’ quella argentina, quella spagnola e, inevitabilmente, quella croata, visti i tanti giocatori che giungono da noi dall’altra parte dell’Adriatico.
Non credo vada bene continuare così. Tanto per dire: se non hai gente di 2 metri non puoi difendere in 6-0 contro la Norvegia. Dobbiamo creare un nostro modo di giocare, un nostro concetto di difesa e attacco”.

Proposte?
“Due linee intercambiabili di terzini che giochino sempre insieme sia in attacco, sia in difesa. Ovviamente è necessario disporre di un certo numero di atleti di buona qualità. Alternare delle “linee” può essere efficace perché in questo modo hai sempre in campo giocatori che si conoscono a memoria e possono avvalersi di automatismi collaudati. Lo so, nella pallamano moderna, molto più veloce rispetto a quella del passato, non è sempre facile cambiare tre terzini tutti assieme, ma un modo lo si trova: una pausa, un time-out…”
Altre idee?
“Quando non hai la possibilità di mandare in campo un pivot alto 2 metri e pesante 100 chili devi trovare l’ispirazione per qualcosa di nuovo. Propongo questo: attuare un gioco veloce e schierare un pivot leggero. Cioè un pivot che non abbia il compito di essere il classico “centroboa” o di fare blocchi, ma un giocatore svelto, in grado di insinuarsi tra gli spazi”.
Riassumendo?
“Esasperare la velocità e gli automatismi e inventare una pallamano nuova, adatta alle caratteristiche italiane”.
Per adesso ci fermiamo qui. La seconda puntata alla prossima era geologica.
Intanto grazie all’amico Renato Zanovello che si è prestato al gioco. Di questi tempi scherzare un po’ è una buona ricetta per non estinguersi, però attenzione: questa intervista è molto più seria di quanto possa sembrare!

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NELL’IMMAGINE: illustrazione di Zanovellosauro (Zanovellosaurus pallamanensis) effettuata sulla base delle ricerche più recenti (ricostruzione paleontologica di Sergio Luoni).